Il mondo nerd è universalmente noto anche a chi non lo vive in prima persona o non lo conosce bene grazie a diversi simboli inconfondibili. Uno dei più importanti e famosi sono indubbiamente i giochi di carte collezionabili. Tutti, almeno una volta, ne hanno sentito parlare. C’è chi, pur non avendo la passione, è stato invitato a giocare. Nel momento in cui si chiama in causa questo mondo, è naturale chiedersi dove tutto sia nato. Qual è la storia dei giochi di carte collezionabili? Nelle prossime righe di questo articolo, abbiamo cercato di raccontarne le principali tappe.
Un gioco di inizio ‘900
Per raccontare la storia delle carte collezionabili, è il caso di fare un salto indietro nel tempo a inizio ‘900. Nello specifico, parliamo del 1904. In quell’anno, infatti, è stato prodotto The Base Ball Card, il gioco considerato progenitore delle attuali carte collezionabili tanto amate dai nerd.
Il verbo “produrre” è molto importante: il gioco, disegnato dai creativi della Allegheny Card Company, è infatti rimasto un prototipo. Fondamentale è ricordare che, in ogni caso, la registrazione è stata effettuata e risale nello specifico al 15 aprile 1904.
Il gioco era caratterizzato dalla presenza di 112 carte. Entrando nel vivo delle loro peculiarità, facciamo presente che, su 104, erano ritratti i volti dei giocatori della National League. Le altre 8, invece, avevano un’altra funzione.
Da allora, è passato tantissimo tempo prima di poter parlare del primo gioco di carte collezionabile. Si tratta di Magic – Adunanza, un gioco immesso in commercio nel 1993. Quando lo si chiama in causa, è doveroso aprire la parentesi relativa al suo ideatore. Richard Garfield è un creativo il cui nome è avvolto da un’aura di iconicità nella community nerd.
Magic – Adunanza è stata la sua prima creazione. Negli anni successivi, infatti, sono arrivate, tra i vari nomi, Netrunner, altro gioco di carte collezionabili amatissimo negli anni ‘90, ma anche giochi di ruolo come Robo Rally. Basilare è citare anche il suo contributo ai giochi di carte non collezionabili. Tra i più importanti è possibile chiamare in causa The Great Dalmuti, risalente al 1995.
Il boom delle vendite e il successivo calo
Quando si racconta la storia dei giochi di carte collezionabili, è il caso di sottolineare che, nel biennio 199/1995, ossia negli anni successivi alla pubblicazione di Magic, le vendite sono schizzate alle stelle, dando di fatto vita a un fenomeno planetario.
Con il 1995, i produttori hanno registrato un drastico calo delle vendite. Le cause erano diverse e tra queste figurava l’eccessiva offerta sul mercato. L’anno successivo, ossia il 1996, ha segnato un’effettiva stabilizzazione del mercato. Discutere in maniera consapevole di questo tema significa, per forza di cose, sottolineare anche la maturazione, da parte dei produttori, di una nuova consapevolezza. Quale di preciso? La necessità di andare oltre alla mera proposta di un prodotto sul mercato, concentrandosi sul successivo supporto ai giocatori e alle loro scelte.
La contaminazione con la tecnologia
Una parentesi doverosa quando si narra la storia delle carte da gioco collezionabili riguarda la contaminazione tra questo mondo e la tecnologia. Una data emblematica da questo punto di vista è il 2007, anno di pubblicazione del gioco The Eye of Judgement, immesso in commercio in esclusivo per la Playstation 3. Venduto assieme ad alcune bustine di carte, rappresenta di fatto il primo caso di sinergia tra CGC e videogiochi.
Quando si parla del gioco appena citato, si possono chiamare in causa, come nel caso degli altri giochi di carte, diverse espansioni. L’intento del produttore è stato fin da subito quello di mettere in primo piano un universo non differente rispetto a quello dei giochi analogici, in modo da non disorientare gli utenti.
Può sembrare paradossale, ma quello che è visto, oggi come oggi, come il primo passo di una rivoluzione per il mondo nerd non ha avuto molto successo. Come mai? I motivi sono diversi e tra questi è possibile citare la difficoltà nel reperire le carte presso i rivenditori fisici (ai tempi, l’e-commerce era qualcosa di avveniristico e non certo la risorsa accessibile che è oggi).